26 luglio 2020
E’ passato un anno dalla catastrofica alluvione che interessò alcune frazioni e quartieri della nostra città, causando una vittima, gravissimi danni alle infrastrutture, alle abitazioni e alle aziende. Le conseguenze di quell’evento meteorico, seppur di forza ed intensità superiore alla media stagionale, non trovano giustificazione nella casualità o nel destino, ma sono il risultato dello sfruttamento scellerato del territorio, della scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria degli alvei e degli argini dei fiumi e dei corsi minori, che chiamano in causa responsabilità da parte di Enti vari e presumibilmente di privati.
All’indomani di quei tragici eventi fu stilato un programma dei lavori che avrebbero dovuto far fronte all’emergenza e impedire che si ripetesse un disastro simile. Essi comprendevano la realizzazione di una cassa di espansione del torrente Sellina e l’adeguamento della sezione idraulica con deviazione del torrente Valtina, compreso l’adeguamento del ricettore del Vingone. Gli altri progetti presentati erano l’adeguamento del fosso al piede di scarpata della ferrovia di via Salvadori e la sua confluenza sul torrente Vingone, la ricostituzione del fosso di scarpata ferroviaria di via Foscolo, la ricostituzione della rete scolante e del reticolo minore in zona Giotto, interventi per il nuovo collettore fognario di via Romana, interventi vari di adeguamento delle sezione della rete fognaria e scolmatori delle zone sud del centro abitato in via Chiarini, via Alfieri e Tortaia e, non per ultimo, la riduzione della vulnerabilità fognaria Arezzo sud, SS71 (Rio Grosso e Rio di Rigutino, Madonna di Mezzastrada e Frassineto). Oltre a questi interventi, che hanno tempistiche più lunghe, a stretto giro sarebbero dovuti partire i lavori di competenza di Nuove Acque per circa 700mila euro nelle zone di via Romana, via Dante, zona Tortaia, via Chiarini e rotonda via Alfieri e via Caduti di Cefalonia e Corfù.
Mentre sulle responsabilità e su eventuali reati commessi si auspica che siano stati intrapresi gli opportuni accertamenti da parte della Procura della Repubblica, sul programma di interventi poniamo una serie di domande.
A distanza di un anno, cosa si è fatto concretamente per impedire che altri eventi come quello del 27 luglio 2019 possano comportare nuovi lutti e danni? Innanzi tutto, il Comune di Arezzo, responsabile per gli interventi di propria competenza, si è preoccupato di assumere una regia ed il controllo degli interventi che altri Enti e la società Nuove Acque pure avrebbero dovuto eseguire nel territorio comunale? Quanto si è investito? Quanti cantieri sono stati aperti?
In questi anni il Comune di Arezzo ha tenuto fermi nei cassetti molti progetti ereditati dal passato, tra cui quelli relativi alle casse di espansione del Sellina e Valtina e quello addirittura già finanziato di adeguamento di alcuni ponti del Valtina, che nel luglio 2019
sono stati causa dell’esondazione al Bagnoro. Da qui scaturiscono altre domande.
Quali soluzioni propone il nuovo piano strutturale e il piano operativo che la Giunta dice non essere calato dall’alto sulla gente, mentre non mancano occasioni per constatare che sono stati progettati lontano dalle esigenze anche quotidiane di tutti? A distanza di un anno sono arrivati i finanziamenti garantiti dalla Regione e dalla Protezione Civile nazionale, ma cosa concretamente si è fatto per rendere velocemente appaltabili questi interventi che rischiano di partire tra qualche anno ancora?
Prevenire il rischio idraulico, oltre ai significativi interventi strutturali che in questi cinque anni sono sempre stati rinviati, significa inoltre intervenire puntualmente sul reticolo minore di fossi e torrenti. Dunque occorre una struttura dedicata da parte del Comune ed una azione costante di coordinamento e sollecitazione nei confronti dei vari enti che hanno competenze in questo settore. Una regia ed un’azione che francamente sono stati carenti, visto che interventi concreti non se ne sono visti.