2 settembre 2020
Interessante e partecipata iniziativa di Arezzo 2020 per discutere quali politiche culturali attivare per il futuro della nostra città.
Dalla discussione, alla quale hanno partecipato diversi operatori culturali e alcuni candidati della lista Arezzo 2020 tra cui Anna Pagano e Francesco Romizi, è emersa una profonda critica per la scelta della Giunta Ghinelli di rinunciare a gestire le attività culturali, demandando tutto alla Fondazione Guido d’Arezzo finanziata con risorse del Comune, un modo per svincolare il Comune da obblighi di legge e di controllo sulla spesa pubblica.
La Fondazione, presieduta dal Sindaco, alla fine della legislatura non ha presentato al Consiglio comunale né un rendiconto né un bilancio. E allora basta mettere in fila alcuni numeri: finanziamento di 250 mila euro chiesto alle banche, 400 mila euro già anticipati dal Comune per il 2020, fornitori che ancora devono riscuotere fatture da febbraio, per capire che siamo di fronte ad un deficit di gestione di almeno 350 mila euro. Chi pagherà, il Sindaco?
Inoltre, nella sua attività la Fondazione ha registrato altre gravi criticità: assenza di valide competenze, fallimento del principale evento, quel Raro festival costato 660 mila euro senza alcuna ricaduta e beneficio per la città, organizzazione di singoli eventi culturali all’insegna del miraggio turistico, senza un progetto organico e di lunga durata, senza alcuno stimolo per la produzione.
Tutto questo mentre in città sono presenti singoli operatori, gruppi, associazioni che hanno idee, ma faticano ad avere spazi, sostegni, opportunità. Nonostante ciò resistono e rappresentano un valore aggiunto per la nostra comunità, mentre altri si vedono costretti a realizzare altrove le loro proposte. Così facendo si provoca una grave fuga di talenti fondamentali per Arezzo e non si fa crescere complessivamente la nostra realtà.
Proponiamo innanzitutto di ripristinare un assessorato alla cultura e di impostare una diversa visione di cultura. Per noi cultura significa elevare una comunità, non declassarla a merce tra le tante. Significa mettere in contatto energie locali con stimoli contemporanei, realizzare eventi che abbiano una concreta ricaduta in termini di desideri, produzioni, cantieri permanenti, realizzare una programmazione costante, promuovere attività nelle frazioni, nei parchi, nelle piazze ed agevolare l’accesso alle strutture esistenti, sostenere e qualificare la Biblioteca, attivare sinergie a vantaggio dei musei statali.
Ci vuole, dunque, una vera e propria strategia e non rapsodici eventi organizzati per soddisfare i gusti di qualcuno. Ormai il malessere di molti, operatori e tanti cittadini comuni, è alto. Noi lo vogliamo rappresentare e con loro co-progettare una nuova politica culturale, per innescare una svolta di cui si sente una grande necessità. Sì, è il tempo di cambiare.